Con i festeggiamenti del Carnevale si scoprono tradizioni molisane autentiche tra le più antiche di questo popolo. Esperienze e manifestazioni folcloristiche che visitatori e turisti possono vivere in modo emozionale e sempre divertente tra riti propiziatori, costumi e maschere zoo-antropomorfe tipiche solo del Molise!
Molte sono le manifestazioni che durante il periodo di Carnevale si tengono in territorio molisano nella provincia di Campobasso; ne sono esempi le sfilate di carri allegorici che si svolgono a Termoli, Montenero di Bisaccia, Portocannone, Montefalcone del Sannio, Matrice, Ripalimosani e a Colletorto, con la sua tradizionale “Mascherata”, improntate per lo più all’intrattenimento dei più piccoli anche con giochi, trucchi, attrazioni, maghi, artisti di strada, intrattenimenti vari, mascherate spontanee, balli, danze e canti. I carri allegorici vengono generalmente realizzati con temi a carattere fiabesco, di attualità e di satira politica o televisiva.
Interessante anche il Carnevale di Campodipietra, l’unico che vede i carri visitare la maggior parte del territorio comunale, non limitandosi alle sole vie paesane, ma portando lo spirito di festa anche nelle campagne e nelle contrade più distanti.
Tra le sfilate di carri allegorici particolarmente degna di nota è quella che si tiene a Larino, una vera e propria kermesse di tre giorni, giunta quest’anno alla sua 42esima edizione, accompagnata da esibizioni, giocolieri, esposizioni, aria gioiosa e clima di festa, canti e balli di strada, coreografie accattivanti e costumi sgargianti e coloratissimi. Ma i veri protagonisti dell’evento sono i carri, veri e propri “Giganti di Cartapesta” alti oltre sei metri, che attraversano le vie del paese vecchio e nuovo sia nell’ultimo week-end di carnevale che il martedì grasso.
Completano l’atmosfera di festa la presenza della maschera tradizionale di “Larinella” e la “Cittadella del carnevale”, dove improvvisate bancarelle e piccoli stand consentono di acquistare maschere di cartapesta, almanacchi del carnevale oltre a chiacchiere e dolciumi vari.
Decisamente più improntato al recupero della memoria della tradizione e del folklore popolare è invece il “Carnevale Campuasciano” che si tiene a Campobasso, un vero e proprio tuffo nel passato, un connubio tra sacro e profano ed un’occasione per far conoscere ai giovani le antiche tradizioni, prima che queste vadano definitivamente perdute.
Personaggi tradizionali del “Carnevale Campuasciano” sono le maschere dei briganti, che rievocano le storie dei briganti e gli anni in cui in Molise si combatteva contro l’unità d’Italia, e Verde Auliva, antica maschera della tradizione popolare molisana che simboleggia il richiamo alla tradizione rurale e contadina. I festeggiamenti sono accompagnati da balli, canti e danze tradizionali del Sannio e del Matese, come la “maitunata”, canto improvvisato di ritornelli popolari destinato ad infondere allegria alle genti e che si è tramandato nei secoli grazie ai pastori.
Ma sono le rappresentazioni di Cercepiccola, Castellino del Biferno, Jelsi e Tufara ad essere particolarmente accattivanti ed originali e sicuramente meritevoli di attenzione per le loro particolari coreografie.
A Cercepiccola, l’ultima domenica di Carnevale, ricorre la “Rappresentazione dei mesi”, una sfilata allegorica in cui i vari personaggi, rappresentanti i mesi, recitano filastrocche e battute riferite alla vita ed alle tradizioni locali. I mesi sono accompagnati da altri personaggi tutti di sesso maschile: due “cencinuari” (raccoglitori di stracci), due pulcinella, un presentatore, un direttore d’orchestra con otto orchestranti, il padre dei mesi (l’anno), il nonno dei mesi (il secolo), e le quattro stagioni.
A Castellino sul Biferno il Carnevale si richiama, invece, alle vecchie tradizioni contadine e pastorali locali, con una rievocazione carica di folklore e molto suggestiva, i cui protagonisti sono il personaggio del Carnevale e quello della Quaresima. Il giorno di martedì grasso Carnevale, a cavallo o in groppa ad un asino, giunge nella piazza del paese e dà inizio alla sua caratteristica messa in scena. Carnevale infatti inizia ad accusare forti dolori alla pancia e si affida alle cure del popolo, sperando in una improbabile guarigione. Non sortendo alcun effetto le cure popolari, i medici di turno decidono di intervenire chirurgicamente e, con un equipaggiamento alquanto spartano, procedono a rompere la grande zucca che simboleggia la parte della pancia del Carnevale. Ed ecco la sorpresa, dalla pancia comincia a fuoriuscire un po’ di tutto, annoglie, pelle di capretto, salsicce e cotiche, fino ad arrivare al baccalà ed ai fagioli che si scoprirà essere stati la vera causa dei dolori di Carnevale.
A questo punto Carnevale può festeggiare la sua guarigione insieme con Quaresima, che si presenta molto magra, sofferente e tutta vestita di nero. Purtroppo però la festa dura poco e, nonostante l’intervento chirurgico, Carnevale muore. Giunti al mercoledì delle ceneri, primo giorno di Quaresima, si assiste al corteo funebre del nostro personaggio, seguito da amici e parenti in lacrime, ma anche diavoli, con tanto di forche e la croce obliqua stracarica di cipolle, aglio e peperoncino, oltre a personaggi comuni. Giunto in piazza il corteo si interrompe e si procede all’impiccagione ed al rogo di Carnevale che viene accompagnato da canti (grida) e detti tipici del folklore locale. Un tempo la marcia funebre veniva eseguita dalla rinomata banda castellinese.
A Jelsi durante il carnevale si tiene la tradizionale Ballata dell’Uomo Orso “U’ Ball dell’Urz”, tipico rito propiziatorio nel passaggio tra due stagioni alla fine dell’inverno, con l’esibizione delle caratteristiche maschere zoo-antropomorfe che si ritrovano, con rappresentazioni analoghe, anche in altri comuni della provincia di Isernia. A un orso, tenuto alla catena da un domatore e da un aiutante, viene ordinato di ballare sotto la minaccia di percosse con un bastone. Tra accenni di ribellione e passi di danza si diffondono per tutto il paese le note di improvvisati musicisti.
Di tanto in tanto il gruppo, che percorre allegramente tutti i vicoli dell’antico borgo, bussa alle porte delle case e le famiglie ospitanti offrono da bere e da mangiare.
A Tufara nel periodo del carnevale si rinnova la tradizione della “Maschera del diavolo”. Il pomeriggio dell’ultimo giorno di carnevale un asino ricoperto di stracci apre i festeggiamenti, lo seguono sei uomini con indosso abiti non comuni; tra questi uno raffigura, per l’aspetto e l’abbigliamento, il diavolo in persona, vestito con sette pelli di capra ed il volto coperto da una maschera nera. Anticamente si ritiene che dovesse rappresentare Dioniso dio della vegetazione, smembrato dai Titani, e che le sette pelli rievocassero un rito pagano di smembramento.
Nel gruppo è presente anche una doppia morte con il volto colorato di bianco che precede di qualche metro il diavolo, brandendo una falce ed anche compiendo esibizioni ed evoluzioni acrobatiche. Anticamente si pensa che dovesse rappresentare le Parche che filavano il filo del destino e della vita, che veniva reciso al momento della morte. Il gruppo è completato dai guardiani armati di catene, col viso annerito dalla fuliggine, che rincorrono e cercano di trattenere il diavolo in catene per non farlo scappare. La sfilata percorre tutte le vie del paese tra due ali di folla e termina nella piazza del Castello dove è allestito un Tribunale giudicante che, dopo aver ascoltato le malefatte dell’imputato, condanna a morte il Carnevale. La mamma e il papà di Carnevale implorano grazia alla goliardica giuria giudicante, ma invano. La sentenza viene subito eseguita e il corpo del Carnevale, rappresentato da un semplice fantoccio, viene gettato dall’alto del castello del paese. Il diavolo a questo punto si divincola, liberandosi dai carcerieri e, trascinando tutte le catene, va a recuperare il fantoccio e lo porta sulla sommità di una rupe gettandolo nel vuoto. Maschera tradizionale del Carnevale di Tufara è quella di “U’pisciatur”, tipico emblema dell’atmosfera gozzovigliante della festa.
Anche a Toro si svolge una manifestazione analoga a quella di Tufara, detta sempre della “Maschera del Diavolo”, che ha inizio con la comparsa in paese del Demonio che sfila per le vie del paese insieme agli abitanti che espongono episodi ed avvenimenti peccaminosi, solo il contadino non viene trascinato da questo contagio collettivo. Nel momento conclusivo scatta per le vittime la protezione di San Mercurio e Satana, non potendo impossessarsi delle loro anime e palesando il suo insuccesso, fugge via per tornare all’inferno tra la derisione generale.
Degne di nota sono anche le rappresentazioni di Pietracupa e di Casalciprano, dove ogni anno viene preparato un fantoccio raffigurante Carnevale che viene portato in corteo per le vie del paese dagli abitanti, tra suoni, canti e balli, prima di essere bruciato in piazza per simboleggiare l’inizio della Quaresima, o anche la manifestazione della “maschera dei Briganti” di Castropignano.
Qui sotto alcune immagini dei famosi carri allegorici del Carnevale di Larino riconosciuto Carnevale storico d’Italia dal Ministero MiBAC
Un particolare ringraziamento va rivolto senza dubbio a tutte le associazioni operanti sul territorio che, a vario titolo e con grande impegno e passione, garantiscono la buona riuscita di tutte queste manifestazioni, in sinergia con le varie amministrazioni comunali. Sarebbe impossibile citarle tutte, ma è doveroso ricordare il grande lavoro svolto che permette di conservare tradizioni capaci di attirare turisti e visitatori anche da fuori regione.
Giovanni Battista Muricchio – Associazione Culturale “Agorà” – Portocannone (Campobasso) – MOLISE ITALY
A cura di Maria Vasco fondatrice Moliseinvita.it * Fonte immagini: Internet
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