Il ramaio dalle mani d’oro. Ecco il maestro artigiano più anziano del paese e la Quarantana di Santa Croce di Magliano

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Un racconto che vibra di emozioni e valori umani. Protagonista è un artigiano speciale, Gennaro Camelo: il più anziano ramaio di Santa Croce di Magliano nel Molise, l’ultimo rimasto nel paese e che ogni giorno celebra il suo lavoro in una bottega che trasuda opere (d’arte) straordinarie, create esclusivamente con il rame e infinita passione.
Ce lo descrive da cuore a cuore Luigi Pizzuto, uno studioso attento alle tradizioni molisane e sensibile alla tradizionale Quarantana di Santa Croce di Magliano. Lo sguardo del ricercatore è rivolto ai beni immateriali del paese, fonti preziose e di ricchezza umana da trasferire alle nuove generazioni. “Il valore è luce”, così si presenta a noi quando lo contattiamo per saperne di più sull’artigiano ultraottantenne dalle mani d’oro. Con Luigi Pizzuto conosciamo più da vicino un‘eccellenza dell’artigianato del Molise, il maestro ramaio di paese che infonde amore per il proprio lavoro con le sue sapienti capacità creative. Opere e testimonianze che lasciano il segno!

Nel rame palpita il cuore di un’antica tradizione. La Quarantana di Gennaro Camelo illumina il cielo santacrocese.

“Un uomo che lavora con le sue mani è un operaio. Un uomo che lavora con le sue mani e il suo cervello è un artigiano. Ma un uomo che lavora con le sue mani, il suo cervello e il suo cuore è un artista”.

Questo magnifico pensiero di San Francesco d’Assisi si può senz’altro rileggere in uno dei mestieri più antichi che Gennaro Camelo porta sempre dentro di sé.
Tempo fa sono andato più volte a curiosare nella bottega del rame a Santa Croce di Magliano in provincia di Campobasso, a pochi passi dalla villa comunale. Spinto dal desiderio di ammirare con calma le opere d’arte dell’ottantaduenne Gennaro Camelo.
Si tratta dell’ultimo stagnino rimasto che lavora il rame con gli stessi segreti di tanto tempo fa. Appena entro nella sua bottega mi spiega con pazienza l’arte della lavorazione del rame che la sua famiglia pratica da tre generazioni.

Mi illustra poi in che modo – e con quanta passione – ha realizzato tantissime piccole opere d’arte legate alla vita d’un tempo e a quanto di meglio, nel corso del tempo, è divenuto il simbolo di una parte oppure dell’intero paese.

Riproduzione in scala di Santa Croce di Magliano in rame nella bottega del ramaio Gennaro Camelo
Veduta al tramonto di Santa Croce di Magliano CB MOLISE –  Ph Pasquale Marino Archeologo ©

Pertanto subito mi porta in un angolo espositivo per vedere la chiesa di San Giacomo in miniatura, l’Istituto Sacro Cuore, la Torre di Magliano e i carretti di Sant’Antonio pieni di spighe e di fiori, amati da tanti devoti. Nel racconto Gennaro è in piena forma. Mostra tanta esperienza acquisita fin da bambino. Quando in tenerissima età osservava in silenzio le mani creative del babbo e del nonno modellare tutto ciò che all’epoca serviva alla vita quotidiana dell’uomo. La sua lucidissima memoria ci riporta indietro nel tempo per capire i segreti di ieri. Srotola, col suo curioso dialetto e con non pochi accenti di nota, i meccanismi del mestiere e le attenzioni che bisogna avere verso il rame. Questo metallo così duttile che, puntualmente, riserva tante soddisfazioni e non poche sorprese. Poi mi illustra il suo capolavoro: la riproduzione in scala dell’antico borgo di Santa Croce di Magliano. Il cosiddetto Quartetto, costituito dal Quarto dei Latini e dal Quarto dei Greci. Senza sosta sofferma il suo dire sul nucleo abitativo più antico. Intorno al quale è nato prima il Borgo San Giacomo e poi l’intero abitato. Fino ai nostri giorni ancora “in fieri”.

Santa Croce di Magliano CB MOLISE Ph Agata Prugar ©

Con un senso di rispetto, pieno di soddisfazione, mi indica la Chiesa Greca, una costruzione dalle radici più antiche. Poi, di nuovo con l’indice, i vicoli stretti, la dimora del medico poeta Raffaele Capriglione, Largo Rotonda, le arcate, le mura, le porte e le quattro torrette, di cui due sono in piedi a tutte le ore, Torre Licursi e Torre Piscone. A dir il vero nell’impianto tutto è perfetto. La visione d’insieme abbraccia la vita di ogni famiglia santacrocese.  Sono affascinato da quello che vedo. A questo punto gli dico di farmi una promessa: realizzare la Quarantana col materiale più caro, per illuminare il cielo della sua ricca bottega. Dove le sue creazioni rianimano – agli occhi dell’osservatore – gli aspetti più belli della cultura santacrocese. Da questa richiesta molto sentita in verità non è passato tanto tempo. Così in vista dell’avvento della Quarantana, che inizia dopo il Martedì Grasso, inaspettatamente vengo invitato per partecipare alla presentazione dell’ultima sua opera in rame: la Quarantana.

Per me – che ho dedicato non poco tempo allo studio di questa singolare tradizione che si perde in un mondo lontano – si è trattato di una graditissima sorpresa. Piena di gioia. Come si vede dal reportage fotografico si tratta di una graziosissima opera d’arte. Piena di luce e di sapere locale.
Quarantana con il tricolore dell’Italia, tra le più storiche nel paese.
La Quarantana è la signora del cielo santacrocese.
In questo caso si può dire che è anche la regina di un metallo dorato che brilla di luce propria su tutti gli altri manufatti presenti nella vivacissima bottega dell’anziano artigiano.
Ma che cos’è la Quarantana? Questa strana immagine di bambola che vediamo durante tutto il periodo della Quaresima diffusa nel contesto urbano di Santa Croce di Magliano. Da chi la ama viene appesa ad un filo per quaranta giorni. Libera di dondolare in un ristretto o largo spazio aereo. Tra cielo e terra. Tra una finestra e un balcone. In effetti incarna la Quaresima, vestita da vecchia, da pupatta o da bambola. In questa sua rappresentazione sacro e profano si abbracciano.
Orgogliosamente la Quarantana ostenta i suoi accessori che hanno un alto profilo simbolico nel campo antropologico. Ai suoi piedi oscilla una patata su cui sono conficcate sette penne. Solitamente di gallina oppure di oca, di pavone o di tacchino. Sette penne per indicare le settimane mancanti all’arrivo della Santa Pasqua. Alla fine di ogni settimana ne viene tolta una fino al Sabato Santo. Per annunciare con la penna bianca, al suono delle campane, la gloria della Resurrezione.
Una sorta di orologio pubblico che spinge tutti con il naso all’insù a vedere il cielo.
La Quarantana porta sul grembiule l’aringa, per indicare l’astinenza quaresimale, il vino e i peperoncini, segni di una vita senza regole che abbandona Martedì Grasso. Porta infine in trionfo il fuso, simbolo di un arcano cammino di vita, del quale nessuno potrà mai conoscere la fine. Questa complicata filosofia, rimarcata da ogni singolo accessorio, viene velata inaspettatamente da una curiosa metamorfosi espressiva. Senz’altro più piacevole, che tra l’altro ha assunto nei tempi moderni. Si spiega così la sua trasformazione da vecchia a pupa, pupatta e bambola. Forse anche per soddisfare il piacere dei più piccoli. In tantissimi casi il look è decisamente giovanile.
Oggi in piena solitudine si può dire che nel cielo di Santa Croce trionfano tantissime Quarantane in ogni via.
Piene di vita. Piene di un sapere antico dalle tante radici.

Testo di Luigi Pizzuto© | A cura di Maria Vasco fondatrice Moliseinvita© | Fonte immagini: Ph Agata Prugar© – Ph Antonio Lafratta© – Ph Foschini© – Ph Luigi Pizzuto© – Ph Miky Di Niro Michela© –  Ph Pasquale Marino archeologo© – Ph Maria Vasco fondatrice Moliseinvita ©

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