Qualcosa si muove nei paesi, nelle piazze dalla forma irregolare e nei vicoli stretti e tortuosi che si snodano tra le case disabitate, lasciate sole da uno sviluppo che ha marginalizzato i luoghi, quelli appenninici in particolare.
Riprendendo l’espressione galileiana: e pur si muove l’universo dei paesi.
Questa estate una moltitudine di iniziative culturali, spesso mescolate a quelle gastronomiche, hanno animato borghi e contrade dell’Italia rurale, impropriamente chiamata interna anche se spesso da lassù si vede il mare.
Sono luoghi apparentemente (s)perduti ma ricchi di umanità.
I soggetti sono stati associazioni locali, pro-loco, piccoli comuni, gruppi giovanili. Come se si stesse affermando una nuova consapevolezza del declino subito e della necessità di una rinascita.
A fare esempi si corre il rischio della parzialità del racconto. Ma sono punti di un fenomeno più generale, di un dinamismo che corre al di fuori delle stanze accademiche e del professionismo delle aree interne, laterale rispetto all’eventizzazione turistica, fuori dalle retoriche giornalistiche e/o televisive del com’era bello un tempo, del come è dolce il piccolo paese, sganciato dalle mode perché quando un tema diventa di moda conviene diffidare di chi ci si avvicina facendone mestiere.
A Morrone del Sannio una mostra sugli antichi mestieri è stata l’occasione per una riflessione di piazza su cosa si potrebbe fare per ridare fiducia agli abitanti.
A Spinete Università e territorio si sono messi insieme per una ricerca sui domini collettivi, cioè su forme comunitarie di gestione della terra e delle risorse che, lungi dall’essere residui del passato, potrebbero rappresentare una via per ridare protagonismo alle comunità locali nel governo del loro patrimonio.
A Miranda, sui monti di Isernia, il festival Marginalia promosso dall’associazione locale Miror ha cercato di rimettere i margini al centro.
A Castiglione Messer Marino (Ch), un ciclo di incontri con l’autore è diventato la base di un originale progetto del Comune: quello di una Scuola dei piccoli Comuni che prenderà corpo nei prossimi mesi incentrata sule pratiche di rigenerazione.
A Ripalimosani, non distante da Campobasso, un Simposio ha posto l’accento sulla “restanza”, cioè sui motivi che inducono le persone a partire o a restare, a tornare o ad arrivare.
A Casoli, in Abruzzo, si è guardato all’olivo e all’olio come risorsa preziosa per la rivitalizzazione economica e la cura del territorio.
Sulla cultura punta invece Fontecchio (Aq) per contrastare sia lo spopolamento che la gentrificazione, con la summer school Child oltre a vari servizi culturali.
Particolarmente vivace si è rivelata la Valle dell’Alto Volturno, un’area incuneata tra Molise, Lazio e Abruzzo, animata da un gruppo sempre più strutturato di giovani raccolti nel CISAV (Centro Indipendente Studi Alta Valle del Volturno). A Cerro al Volturno per iniziativa della Pro Loco la piazza dell’antico castello ha ospitato una riflessione sullo spopolamento, cercando di uscire dalla logica dei numeri per entrare in quella della qualità della vita e dei servizi, cioè dei diritti.
Non lontano, nel piccolo paese di Castelnuovo al Volturno, frazione del Comune di Rocchetta al Volturno, la particolare e originale parabola di Charles Moulin, artista francese che nel 1919 si stabilirà nei boschi delle Mainarde dove vivrà per 40 anni, è stata assunta come traccia di un festival intitolato “Tracce di luce” che per diversi giorni ha trasformato la piazza in una piccola arena partecipativa.
A Piedimonte Matese è stata la Biblioteca Diocesana San Tommaso d’Aquino a organizzare un programma organico denominato “Dal Matese al mondo”, con varie iniziative di documentazione, riflessione e condivisione che stanno rendendo il versante campano di questo massiccio montuoso un interessante ambito di sperimentazione.
A Montieri, sui monti toscani che guardano il Tirreno, nella piccola borgata di Gerfalco si sono combinate un progetto musicale – il festival della viola da gamba – con una ricerca sulla percezione del paesaggio e la lettura del patrimonio territoriale. A Casale Marittimo, dove ‘marittimo’ non vuol, dire sul mare, ma “di Maremma”, in un cortile del centro storico ci si è interrogati sullo sviluppo turistico, su quale turismo per le aree rurali, per evitare una turistificazione banalizzante dei paesi, che tendono in certi casi a diventare mangifici e contenitori di eventi a raffica che indebolisco l’identità e scacciano la residenza stabile.
A Casacalenda, un piccolo comune che è riuscito a restare punto di riferimento per un’area più vasta e che ha fatto del dinamismo culturale la sua visione – da Molise cinema a Kalenarte al Museo all’aperto (MAACK) – , si è svolto il festival “Costruiamo paesaggio” che ha affrontato l’interessante tema del rapporto fra tradizione e innovazione.
A Montefalcone del Sannio si cerca di mettere in fila i motivi per un cambiamento del modello economico e per un cambiamento degli stili di vita. E così via… tante cose che si muovono.
Al di là dell’abusato uso del termine “festival”, può essere questo un primo e incompleto nucleo di una mappa dell’Italia come Paese di paesi, del Belpaese che deve tornare a occuparsi dei paesi, inopinatamente ridotti al rango di borgo dalla narrazione mainstream e dalla maggior parte delle politiche, dal PNRR ai progetti regionali. Molte di queste iniziative di animazione e partecipazione si sono svolte d’estate. Ma nei paesi l’estate è breve e l’inverno è lungo. Il pullulare della vita d’agosto si spegne e si accende il silenzio.
Ce lo ha descritto bene Stefano Lucarelli, uno scrittore tornante che da Roma ha scelto di vivere a Castell’Azzara e che ha pubblicato di recente “la Seconda vita dei paesi”, un libro ambientato in un’area montana della Toscana, il Monte Amiata, che può somigliare al Matese o alle Mainarde.
L’Italia è un paese di montagne, e non solo una questione altimetrica: la montagna è una condizione che si estende anche ai luoghi più bassi quando questi sono dimenticati, abbandonati o trascurati
Lo spopolamento non si contrasta predicando un improbabile ripopolamento (tutta l’Italia, anche quella urbana, vede diminuire la sua popolazione), ma assicurando diritti e qualità della vita a chi è rimasto. Solo così qualcuno potrà tornare, arrivare e restare.